Assunzioni giovani gratis: come funziona la promessa di Berlusconi?

Berlusconi ha promesso di detassare il lavoro giovanile, permettendo di effettuare assunzioni giovani gratis.

In vista delle campagne elettorali per il voto regionale nella nel Lazio e nella Lombardia, Berlusconi e il suo partito promettono di detassare l’assunzione giovanile.

Assunzioni giovani gratis
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In sostanza, la campagna elettorale per il voto regionale fa leva sulla crisi occupazionale che riguarda soprattutto la fascia della popolazione più giovane. Per questo motivo, Berlusconi ha promesso di azzerare la contribuzione per i datori di lavoro che assumono, con nuovi contratti, giovani lavoratori.

Come funzionerebbe la promessa di assunzione giovani gratis? Questa proposta può dare un nuovo slancio al settore occupazionale?

Assunzioni giovani gratis: in cosa consiste la promessa di Berlusconi

Uno dei problemi legati alla crisi occupazionale, in Italia, il costo del lavoro. Non a caso nel Vecchio Continente, il Bel Paese figura al quinto posto tra quelli con il costo del lavoro più alto. Ma, in particolare, a colpire è il peso contributivo che ricade sul datore di lavoro, rispetto agli altri paesi europei.

Forte di questa consapevolezza, Berlusconi ha fondato la campagna elettorale per le elezioni regionali su una specifica promessa: abbattere le tasse e la contribuzione, per i datori di lavoro che assumono giovani con nuovi contratti.

La tassazione dei redditi da lavoro dipendente

In base all’ordinamento giuridico italiano i redditi da lavoro dipendente sono imponibili al momento della loro percezione. Quest’ultima è individuata tramite la Certificazione unica che il datore di lavoro è obbligato a rilasciare al lavoratore entro la fine del mese di marzo di ogni anno. In tale documento, il datore di lavoro deve indicare il reddito erogato al lavoratore e tutte le ritenute fiscali applicate.

Per capire qual è la porzione del costo del lavoro che va realmente nella busta paga dei lavoratori dipendenti, si fa spesso riferimento al cosiddetto cuneo fiscale. In sostanza, si prendono in considerazione le imposte sul reddito del lavoratore e ai contributi previdenziali a carico del lavoratore e del datore di lavoro.

In base ai dati relativi al 2021, l’Italia è al quinto posto, per il cuneo fiscale più alto fra i paesi dell’area Euro.

In sostanza, per un lavoratore dipendente italiano il cuneo fiscale era pari al 46,5%, contro una media del 41,4% degli altri paesi.

Con l’entrata in vigore, a inizio 2022, dell’assegno unico e universale per i figli a carico è avvenuto un taglio dell’IRPEF con la relativa riduzione del cuneo fiscale. Questo fenomeno ha interessato soprattutto i lavoratori con redditi medio bassi. Ed è così che si è registrato un calo del cuneo fiscale, che è passato dal 41,2% al 38,6% per i lavoratori che hanno un reddito pari al 67% del reddito medio.

Per le famiglie in cui sono presenti due redditi, uno medio e uno basso, la riduzione ha visto passare l’aliquota dal 40,9% alla 39,2%. Per i lavoratori con redditi medio-alti la riduzione è stata decisamente più modesta.


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