Superbonus, non solo banche: il caso della cessione a terzi

Le procedure della cessione del credito per il Superbonus non riguardano solo gli istituti di credito. Tuttavia, per i terzi, le regole sono più stringenti.

Né banche né altri enti finanziari. Eppure, a tutti gli effetti, una procedura di cessione del credito. È quanto previsto dall’articolo 121 del Decreto legge 34/2020, in materia di ristrutturazione degli immobili da parte dei cosiddetti cedenti.

Superbonus cessione credito
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Si tratta, nello specifico, di coloro che effettuano i lavori del Superbonus senza possibilità di procedere alla detrazione delle spese attraverso la propria dichiarazione dei redditi. In questo caso, la conversione in legge del Dl, la 77/2020, consente l’opzione della cessione del credito d’imposta a terze persone, denominate cessionari, piuttosto che a banche o enti finanziari. Sulla base della normativa vigente, infatti, la prima cessione è ritenuta libera, quindi effettuabile nei confronti di un cessionario a scelta senza obblighi legislativi. È chiaro che tale scelta dovrà avvenire in presenza di circostanze ben definite. Nella fattispecie, il cessionario dovrà essere in possesso della capacità fiscale sufficiente alla compensazione del credito d’imposta acquisito tramite il modello di versamento.

In questo senso, la definizione di “terzi” include diverse figure, quali privati, imprenditori o professionisti, società commerciali, industriali o legate ai servizi. Di costoro, andrà determinata la cosiddetta capienza fiscale, ossia la reale capacità di compensazione del credito ceduto. Requisito che andrà determinato sulla base dell’importo delle imposte che un soggetto ritenuto “passivo” è tenuto a versare allo Stato ogni anno. Il cedente dovrà fornire adeguata documentazione comprovante l’adempimento corretto della procedura del Superbonus. Da parte sua, il cessionario dovrà garantire la sussistenza della capacità fiscale necessaria all’adempimento della pratica di cessione.

Superbonus e la pratica di cessione a terzi: come funziona il contratto

La fase immediatamente successiva al controllo sarà già quella del contratto di cessione. Nonostante le difficoltà incontrate fin qui, infatti, la legge ha di fatto mantenuto inalterate le possibilità del cedente di rivolgersi a un cessionario diverso da enti creditizi. Il contratto da stipulare andrà a regolamentare il lato giuridico dell’accordo, a cominciare dalle responsabilità del cedente su eventuali difformità al momento dei controlli successivi (nel qual caso il credito potrebbe divenire pignorabile e quindi non più utilizzabile). Un passaggio normativo che, in realtà, prevedrebbe una deroga all’articolo 321 del Codice penale, in relazione al sequestro preventivo, con responsabilità declinata in modo esclusivo al beneficiario originario del credito d’imposta, senza coinvolgimento di soggetti terzi in veste di cessionari. In questo modo, questi ultimi sarebbero al riparo da eventuali provvedimenti, sempre presumendone la buona fede.

Come detto, la correttezza del quadro d’imposta andrà definito anche per il cessionario. Qualora un contribuente regolarmente adempiente al proprio piano fiscale, e pagante un F24 annuale costante, o quantomeno di importo sommariamente regolare, l’acquisto di crediti di imposta derivanti da bonus edilizi (come il Superbonus) potrebbe avvenire con rimborso leggermente inferiore alla cifra complessiva ottenuta con ripartizione quadriennale. Ad esempio, su un credito di imposta di 100 mila euro, da adeguare all’importo pagato ogni anno tramite F24, il costo sostenuto dal cedente andrà rilevato dai lavori ammessi alla detrazione, il cui importo andrà sottratto alla somma complessiva del credito ceduto. In sostanza, il cedente rinuncerebbe a una parte del credito concesso a livello statale per poi versare poco più dell’1% come transazione finale, con totale del costo pari al 16,67% e un rientro di fatto garantito.

La mancata capienza fiscale

Attenzione ai requisiti di valenza della propria capienza fiscale. Qualora la prerogativa venisse meno, infatti, il credito di imposta sarebbe perso. La differenza non potrebbe essere richiesta a rimborso né riportata a credito per l’anno successivo. In assenza di una certa previsione di tassazione, in sostanza, il cessionario difficilmente procederà all’acquisto. In questo senso, la costanza di reddito risulterà imprescindibile.


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