Salvataggio Credit Suisse, arriva la mazzata per i cittadini elvetici: ecco la cifra enorme che dovranno sborsare

Il salvataggio di Credit Suisse si è rivelato un salasso per i cittadini svizzeri e i numeri dell’operazione lo dimostrano.

Nei giorni scorsi la notizia del crollo di Credit Suisse, poi salvata da UBS, ha agitato i mercati e prodotto un certo panico tra i risparmiatori per un possibile effetto domino che, fortunatamente, non c’è stato.

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Tuttavia le conseguenze del crac si faranno sentire almeno in terra elvetica, dato che ciascun cittadino svizzero pagherà non meno di 24mila franchi per salvare le banche del suo paese.

Un conto salato che andrà a ricadere dunque proprio sugli stessi cittadini, all’indomani delle discutibili critiche dei manager di Credit Suisse, i quali hanno dichiarato agli organi di informazione che le cause del crollo sarebbero da imputarsi alle scelte dei risparmiatori e ai social media. Vediamo più da vicino questa delicata questione che vede nell’occhio del ciclone proprio un paese da sempre ritenuto assai sicuro sul piano della tenuta del sistema bancario. I dettagli.

Crollo Credit Suisse: il salvataggio e le proteste dei cittadini elvetici

E’ proprio così: il Governo svizzero non può permettersi di veder fallire uno dei principali istituti del continente e perciò ha garantito di salvare il salvabile. Di fatto saranno dunque le stesse risorse dei cittadini svizzeri ad essere utilizzate: in particolare il Governo elvetico si è impegnato a far fronte ad eventuali perdite risultanti dall’operazione con Ubs, facendo affidamento su una parte consistente del PIL del paese.

In questi giorni proprio i maggiori esperti di finanza sono perciò concordi nell’affermare che la Svizzera, o meglio la sua popolazione, pagherà un conto salatissimo per il salvataggio delle banche. Le stime sono impietose: come accennato, ogni residente potrà anche essere gravato da una spesa di circa 24.000 franchi.

Ovviamente non sono mancate le proteste dei cittadini: dopo la notizia secondo cui il salvataggio di Credit Suisse sarebbe avvenuto con denaro pubblico, alcune centinaia di persone si sono riversate davanti al quartier generale della banca per lanciare uova contro i dirigenti. Un messaggio chiaro contro la logica per la quale non si può far fallire una banca quando è molto grande.  Ovvero la stessa giustificazione che fu usata a partire dal lontano 2008 per proteggere le grandi banche sistemiche, salvate appunto dal crac soltanto grazie a migliaia di miliardi di dollari.

Oggi, per salvare Credit Suisse, l’operazione annunciata d’intesa tra Banca Nazionale Svizzera (BNS), Finma e Governo confederale, costituirà un conto salatissimo per ciascun cittadino elvetico.

Crollo Credit Suisse: i numeri del salvataggio parlano chiaro

Le cifre che servono a Credit Suisse sono enormi e chiariscono in estrema sintesi la portata di un’operazione colossale. Sarà infatti di 100 miliardi di franchi svizzeri la copertura assicurata a UBS per rilevare Credit Suisse. Non solo: altri 9 miliardi serviranno per coprire eventuali spese legali, esuberi e perdite.

La somma fa ben 109 miliardi, a cui si sommerà anche quanto messo a disposizione dalla banca nazionale svizzera, ovvero altri 100 miliardi, senza copertura da parte del governo, per assicurare l’intero sistema bancario elvetico che, com’è noto, da sempre rappresenta una garanzia di solidità per tutti coloro che intendono depositare i risparmi.

Il conto totale si eleva alla cifra di 209 miliardi di franchi e se la dividiamo per i circa  8,7 milioni di residenti in terra elvetica, ogni svizzero pagherà il salvataggio delle banche fino a 24.000 franchi, circa 24.000 euro. Come ricordato dagli osservatori più attenti, si tratta di una bella fetta del PIL svizzero, almeno un quarto.

Peraltro non è la prima volta di una situazione di questo tipo perché quanto successo in queste settimane segue a quanto accaduto nel 2008, anno in cui furono stanziati 60 miliardi di franchi per il salvataggio proprio di UBS, la banca che oggi sta salvando a spese dei contribuenti la rivale domestica. Dunque una sorta di precedente poco confortante per un paese come la Svizzera, visto da sempre un luogo sicuro per i propri depositi e investimenti.


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