Residenza fiscale, perché è essenziale anche per chi lavora all’estero

L’imposta sui redditi poggia anche sulla condizione di residenza del soggetto contribuente. Anche per chi non lavora sul territorio italiano.

La dichiarazione della propria residenza è un passaggio fondamentale per la regolarità della posizione fiscale. Questo perché, oltre a dover necessariamente figurare un recapito in termini di reperibilità, tale adeguamento alle disposizioni normative diventa rilevante anche sul piano legale.

Residenza fiscale
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Nondimeno, la residenza diventa fiscalmente rilevante nel momento in cui contribuisce alla determinazione delle imposte sui redditi. Il trattamento tributario, peraltro, si applica anche a coloro che, per ragioni ad esempio di lavoro, si sono trasferiti in un altro Paese. Abbiamo visto come il cittadino possa richiedere, per un periodo non superiore ai 12 mesi, una residenza cosiddetta “temporanea” presso un Comune diverso da quello di provenienza, senza per questo perdere quella già dichiarata. A meno che non trascorra un anno senza che il soggiorno provvisorio sia terminato. Nel qual caso, dall’anagrafe dei residenti temporanei, il soggetto passerà automaticamente presso quella dei residenti permanenti. Un dettaglio che fa tutta la differenza del mondo dal momento che la residenza primaria sarà anche quella a far fede per quel che riguarda le comunicazioni fiscali.

Per chi si è trasferito all’estero, le cose stanno in modo leggermente diverso. O meglio, le imposte sui redditi saranno applicate anche a costoro ma il Fisco dovrà innanzitutto accertare se l’interessato risulti ancora fiscalmente residente nel nostro Paese. E questo perché le imposte sui redditi cambieranno per quel che riguarda la base imponibile dei contribuenti. In sostanza, ai fini Irpef, lo status di residente sarà rilevante nella misura in cui il Fisco considererà l’imposta sul reddito relativo. Nella fattispecie, per i residenti si applicheranno le condizioni su tutti i redditi posseduti. Per chi non è residente, invece, l’imposta si applicherà soltanto sui redditi prodotti nel territorio dello Stato.

Piano Irpef: quanto influisce la residenza fiscale del contribuente

Per chi lavora all’estero, figurando però come residente in Italia, sarà quindi applicata la tassazione ordinaria. Per chi risulta residente in altri Paesi, invece, sarà valido il principio della territorialità. Nel caso di un soggetto residente in Italia, le imposte sui redditi saranno considerate unicamente sul periodo di imposta più rilevante a livello temporale (almeno 183 o 184 giorni). Inoltre, il contribuente dovrà possedere il requisito dell’iscrizione alle liste anagrafiche dei residenti e il domicilio nel territorio dello Stato. Inoltre, la residenza dovrà figurare nel medesimo, ai sensi dell’articolo 43 del Codice civile. In tal modo, si parlerà di residenza fiscale in base all’art. 2, comma 2, del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir). Per ogni cittadino, infatti, vige l’obbligo di richiedere l’iscrizione presso l’anagrafe comunale, nel territorio in cui figura la sua dimora abituale (anche se, sulla base delle normative vigenti, non risultano eventuali procedure sanzionatorie per gli inadempienti).

Il concetto di residenza

Al fine della determinazione dell’Irpef,  quindi, la residenza avrà un valore a livello fiscale. Soprattutto per chi, nell’ambito della propria attività, ha stabilito la propria dimora principale in territorio estero. Per costoro, come detto, faranno fede unicamente i redditi prodotti presso il territorio italiano. Di per sé, il concetto di residenza fa riferimento alla permanenza presso un determinato luogo, tale da connotarvi la pratica di tutte le consuetudini di vita. Incluse le relazioni sociali e l’espletamento degli obblighi pubblici e fiscali. Ai sensi del Tuir, per i cittadini immigrati valgono le disposizioni previste dall’art. 2, comma 2 bis, nel quale si precisa l’obbligo della cancellazione del soggetto dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati “in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato”. Si parla, in questi casi, di “inversione dell’onere della prova”. Per il resto, farà fede la regolare iscrizione presso le anagrafi comunali, indispensabile anche per i residenti temporanei. Anche se, per costoro, non varrà il principio applicato per i residenti all’estero.


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