Economiablog
Gli osservatori sono diffidenti ma non a sufficienza per considerare il mezzo bicchiere dell’inflazione USA come un segnale negativo.
Mentre su base mensile, l’inflazione complessiva è salita dallo 0,1% allo 0,5% come previsto, su base annua, sia l’inflazione primaria che quella core non sono diminuite tanto quanto atteso.
Un bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno? Il caso sembra quello del bias cognitivo; una situazione negativa che smette di peggiorare sembra sufficiente per accendere gli entusiasmi sul mercato azionario. Naturalmente tutto sembra destinato ancora una volta, a essere riconfermato mese per mese e ogni trimestre dai risultati economici delle grandi multinazionali.
Nel Regno Unito, seconda patria della finanza internazionale, la situazione è decisamente negativa. Anche se l’inflazione a gennaio è scesa ancora più del previsto, rimane al 10,1%. Con una crescita media dei salari del 6,7%, potremmo non assistere mai a un vero crollo dell’inflazione nel Paese.
L’ottimismo è così forte che né la Fed, né i dati sembrano intaccarlo. Vale la pena notare che prevalgono i rischi al ribasso, ma non c’è motivo che scoraggi gli investitori, sotto shock dopo la catena di eventi negativi: Covid, guerra e inflazione. Per fermare il rally azionario ci vorrà un evento che riesca a toccare la nuova sensibilità del 2023.
Più realistico e predittivo il mercato dei titoli di Stato. Il rendimento a 2 anni degli Stati Uniti ha raggiunto i livelli più alti dallo scorso novembre. La sensibilità si sconta sull’attività dei futures sui fondi Fed e sull’oro che tornato a 1843 dollari l’oncia.
Intanto in Italia il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha comunicato i risultati dell’emissione della prima tranche del nuovo BTP a 30 anni. Il titolo ha scadenza 1° ottobre 2053, e una cedola annua del 4,5%. Il Titolo che offre il pagamento in due cedole semestrali è stato emesso con un importo pari a 5 miliardi di euro.
Il collocamento è stato effettuato mediante sindacato affidato a: Deutsche Bank, J.P. Morgan, Nomura Financial Products Europe GmbH, Société Générale e UniCredit S.p.A, e ai restanti Specialisti in titoli di Stato italiani.
Hanno partecipato all’operazione poco meno di 200 investitori per una domanda complessiva pari a circa 26,5 miliardi di euro. La maggiore degli acquisti sul BTP 2053 pari al 40,4%, è stata sottoscritta dalle banche. Il 18,2% è stato allocato a istituzioni governative seguite dagli. Agli hedge fund che hanno sottoscritto il 6,5% dell’ammontare complessivo.
La distribuzione geografica del titolo parla chiaro: gli investitori esteri si sono aggiudicati la maggior parte dell’emissione pari al 57,3%. In particolare Regno Unito, Germania, Austria e Svizzera hanno scommesso sul lungo periodo nel rendimento a lungo termine dei Titoli del debito pubblico italiano. Si tratta di una scelta che rispecchia un aspettative di profitto importante? Se l’inflazione continuasse a suggerire che gli aumenti dei tassi della Fed non si traducono ancora in un mercato del lavoro debole, la scommessa sull’Ue e soprattutto sull’Italia potrebbe dare ottimi risultati.
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